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28 nov 2009

It's me..

26 nov 2009

Acqua.

L'acqua.
Quante volte a
bbiamo sentito dire a scuola che la vita ha avuto inizio in acqua? e quante volte alla televisione abbiamo sentito parlare della NASA che cerca acqua sulla luna o su marte? quante volte dopo una partita a calcio sotto il sole estivo o dopo un lavoro pesante ci siamo sentiti "morire" di sete?


Se ripenso al
mio (seppur breve) gironzolare per l'Africa uno degli argomenti che mi hanno fatto costantemente riflettere è stato quello dell'acqua e tutt'ora qui, in Sudan, specialmente nel campo di Mayo, si ripropone ogni giorno.
Non importa che sia Kenya, Tanzania, Uganda, Rwanda o Sudan...perchè di qualunque posto si parli ecco che alla mente tornano uomini, donne o bambini (di qualunque età), secchi, barili, contenitori di ogni genere, laghi più o meno grandi, pozzi e pozzanghere, fiumi, km e km, asini, carretti, spalle allenate a portare pesi, teste cariche, lunghe attese...

Ricordo Otati, in K
enya. Un bellissimo mercato pieno di vita, un punto di incontro per la gente delle colline attorno, un posto magnifico a metà tra il verde della vegetazione e il blu del cielo. Un posto che noi, nella stagione secca, partendo dalla riva del lago Vittoria, abbiamo raggiunto in un'oretta (o forse qualcosa di più?) col LandCruiser. Ed è stato inevitabile da lassù pensare a cosa voglia dire in termini di fatica e di sacrificio dover procurarsi dell'acqua per poter (soprav)vivere lassù. E non si parla ovviamente di docce o chissà che altro, ma solamente di bere, far da mangiare e garantirsi un minimo di igiene personale. Tutto questo significano ore con un asino e due piccoli barili da 40 litri legati sulla schiena, un sentiero o una strada sterrata. E in certi mesi dell'anno significa anche dover camminare nel fango che si attacca ai piedi rendendoli pesantissimi da sollevare o che fa sprofondare fino alle caviglie.

Ricordo grosse poz
zanghere marroni lungo il bordo della strada e decine di persone intente a lavare vestiti o qualunque altra cosa, riempire secchi e bottiglie, farci il bagno con un pezzo di sapone preso al mercato.

Ricordo il grosso contr
asto della vegetazione sulla stricia intorno al Nilo che improvvisamente diventa solo sabbia, sassi e qualche piccolo arbusto.

Ricordo il pozzo di Naga, nel deserto sulla st
rada di ritorno da Merowe. Un buco nella sabbia, nero, senza fine, chiuso da un coperchio di lamiera. Niente a che vedere coi pozzi che possiamo immaginarci noi, quelli delle corti rinascimentali o quelli dei desideri. Nessuna "carrucola a gemere come una banderuola dopo che il vento ha dormito a lungo". Sopra l'apertura solo un tronco di legno segnato da profonde cicatrici, ricordo dello scorrere delle corde tirate dagli asini. Un posto stano, surreale, ma che trasudava fascino e importanza.

Ricordo un'altro pozz
o in Kenya, ma non ricordo il nome. Due o tre semplici rubinetti che escono dalla terra e attorno decine di persone in ordinata attesa con i loro contenitori gialli da 20 litri e tanta, tanta pazienza.

Ricordo le rive del Lago Vittoria e il fiume di persone che ogni giorno, mattina e sera, va e poi viene. E poi va e poi viene. E poi va e poi viene. Giorno dopo giorno. Per una vita. E il lago diventa il posto dove farsi il bagno, lavare i vestiti e le pentole e i figli piccoli, far bere mucche, asini e maiali, recuperare l'acqua per bere e cucinare, e vattelapesca cos'altro ancora.

E ora tutti giorni
andando verso la clinica passo di fronte a due pozzi appena fuori il campo profughi e assisto al viavai di carretti costruiti con un semplice barile di metallo, due ruote, un asino e un "autista". Delle improvvisate autocisterne che si riforniscono ai pozzi e portano l'acqua in tutto il campo profughi. Per quanto ne sappia io (tutto quelloche abbiamo a disposizione è una mappa disegnata a mano da un Health Promoter che vive nel campo) i pozzi sono una ventina e le persone che dipendono da quei pozzi si stima siano dalle 300 alle 500 mila. In teoria l'acqua è gratis, è un bene comune e non è giusto che appartenga a qualcuno. Ma dato che sono pochi quelli che hanno la possibilità di andare direttamente al pozzo diventa necessario dover pagare il trasporto.
Qui nel campo l'acqua (perchè alla fine è comunque l'acqua che si compra) si paga cara. Per 2 taniche da 20 litri normalmente ci vogliono 2,5 SDG (pound sudanesi), ovvero circa 70 centesimi di Euro. Ma nella stagione delle pioggie, quando tutto diventa fango e gli spostamenti quasi impossibili, il prezzo raddoppia.

Però ogni giorno qua in Sudan vedo anche una cosa bellissima. Fuori da quasi tutte le case che si affacciano sulla strada ci sono delle otri di terracotta, tenute all'ombra e spesso chiuse con un coperchio. E ogni giorno il proprietario si occupa di non far mancare mai l'acqua. Chiunque per strada ha il diritto di attingere a quest'acqua fresca per potersi dissetare.
Perchè l'acqua dovrebbe essere un diritto. Per tutti.

... ... ... ... ... ...

Il nuovo libro di PeaceReporter sul rapporto tra conflitti e sfruttamento delle risorse esce mentre in Italia si privatizza l'acqua

Guerra alla terra prova a raccontare alcuni esempi del distorto rapporto tra uomo e natura nel mondo. Afghanistan, Delta del Niger, Territori Occupati palestinesi, Bolivia, cosa hanno in comune? Sono alcuni dei luoghi in cui la fame di ricchezza dei potenti della terra sta utilizzando lo strumento della guerra per appropriarsi delle risorse e del territorio in modo indiscriminato e selvaggio.

E mentre esce il libro, nel nostro paese si imbocca la strada della privatizzazione dell'acqua. Un bene che non può avere padroni, esattamente come l'aria. Un bene essenziale, che deve essere di tutti, cioé pubblico.

Ma la scelleratezza dei nostri politici evidentemente non ha limiti e non ha pudore, e sceglie di svendere il bene collettivo più prezioso ben sapendo che è proprio sull'acqua che si stanno giocando le mosse della geopolitica internazionale, e che il controllo di questa risorsa sarà sempre più al centro degli interessi dei potenti del mondo - che sono i ricchi e non i governanti - e quindi dei conflitti mondiali.

Sulla privatizzazione delle acque, e sul movimento per mantenerle pubbliche costruito dalla società civile in molti Paesi lo scontro con i governi è stato durissimo, e spesso, per fortuna, è stato vinto dal popolo.

In Italia ci sono state esperienze importanti contro la privatizzazione dell'acqua, e anche nel nostro paese spesso la ragione e il buonsenso hanno prevalso sull'ingordigia.

Ma oggi il gioco si fa pesante: non è più un Comune più o meno grande che sceglie di sottrarre ai suoi cittadini di che dissetarsi. Oggi è il Governo a provare a fare l'interesse di qualche grande compagnia invece che quello dei suoi elettori e in generale degli italiani.

Qualcuno sull'acqua è riuscito a camminare, ma spesso con l'acqua si scivola. E se si cade sull'acqua, a differenza di quanto si possa immaginare, ci si può far male.
Speriamo che l'Italia segua l'esempio della Bolivia.

E, per una volta, chiediamo ai nostri lettori di attivarsi contro quello che è il peggiore furto ai danni della collettività. Privare la gente del diritto all'acqua è davvero una scelta criminale, a cui ci di deve opporre con ogni mezzo lecito.

Per comprare il libro Guerra alla Terra, edito da edizioni ambiente, clicca qui

Maso Notarianni (da Peacereportr.net)

25 nov 2009

21 nov 2009

Non ci resta che...

UNICEF in Sudan urges religious leaders to pray for children.

November 19, 2009 (KHARTOUM) – The United Nations Children’s Fund (UNICEF) representative in Sudan Nils Kastberg called on religious leaders to pray for the children in the country to mark the 20th anniversary of the Convention on the Rights of the Child.

“It is important for organizations like UNICEF to work more closely with religious groups,” Kastberg said.

“Faith-based organizations are often able to reach deprived and marginalized children when others can’t. They can also help create awareness amongst their congregations about children’s rights and needs,” he added.

The World Day of Prayer and Action for Children is part of a worldwide initiative launched by the Global Network of Religions for Children in collaboration with UNICEF.

The objective of the day is to encourage all religions and faith-based groups to join in A Day of Prayer and Action for Children in every house of worship in all communities.

In a document distributed to religious leaders across Sudan, UNICEF has appealed to them to pray for peace.

“Children are the best asset that any country has. They are the future, but for them to have a future, we must safeguard their present now,” it said.

“The most important thing for Sudan is lasting peace. It is the only way to ensure a bright future for the country’s children in the north, south, east and west".

Sudan has emerged from a 20 years long war between North and South in 2005 but another conflict erupted in Western region of Darfur. Both conflicts took a heavy toll on the vulnerable population including children.

Da SudanTribune.com


Dervishi dance

19 nov 2009

La prima guerra del football

Khartoum, 18 nov 2009

Non c'è bisogno di scomodare Saddam Hussein per definirla "la madre di tutti gli spareggi", la partita delle partite. Se a contendersi - stasera a Khartoum - il passaporto per il mondiale di calcio in Sudafrica sono Egitto e Algeria, i toni forti, le metafore da campo di battaglia, ci stanno tutte. La guerra senza virgolette che nelle ultime ore sta divampando tra le due comunità, non solo ad Algeri e al Cairo ma anche in Europa, con scontri, sassaiole, incendi, caccia al nemico, morti e feriti, fa temere che i novanta minuti di oggi possano deflagrare in un'autentica jihad tra "fratelli coltelli" che non si amano nonostante parlino la stessa lingua, professino la stessa fede e facciano entrambi parte della Lega araba, dell'Organizzazione della conferenza islamica e dell'Unione africana. Quella tra "faraoni" e "verdi" è storia fitta di rancori e dispetti. In politica come in economia. E, ovviamente, nel calcio.
Che già fossero entrambe nello stesso girone di qualificazione aveva creato non pochi allarmi. Ma la Fifa se n'era prontamente lavata le mani con un "non possiamo certo guidare i sorteggi". Vero o falso che sia, si è arrivati a quel maledetto o benedetto - dipende ovviamente dai punti di vista - sabato scorso al Cairo, in cui l'Egitto in pieno extra time, al 93', ha segnato il gol del 2 a 0 che avrebbe pareggiato in tutto e per tutto i conti in classifica con la capolista Algeria. Da qui la necessità di una "bella", di un ulteriore match da disputarsi in campo neutro per stabilire chi tra le due nazionali farà parte del lotto delle 32 formazioni che si contenderanno il Mondiale di football.

Khartoum, dunque. O meglio Omdurman, la città gemella della capitale sudanese sull'altra sponda del Nilo. Il Sudan di ospitare questa partita ne avrebbe volentieri fatto a meno. Khartoum stava bene agli egiziani, ma non agli algerini che avrebbero preferito Tunisi. Ma siccome nei palazzi del calcio il Cairo conta di più di Algeri, s'è fatto come chiedevano i "faraoni". Vigilia infuocata, dunque. Con scontri fisici e invettive. Al Cairo, ad Algeri ma anche nelle banlieues di Parigi e Marsiglia. La federcalcio di Algeri ha accusato quella egiziana di aver fomentato gli attacchi al pullman algerino al Cairo dopo il 2-0, che ha portato all'assalto di rappresaglia contro una filiale delle egiziana Orascom ad Algeri. La stessa filiale ha richiamato in patria i suoi 25 dipendenti egiziani, proprio come si farebbe in vista di un conflitto. Naguib Sawiris, il magnate della Orascom, ha chiesto inascoltato un rinvio della partita. Giornali e televisioni hanno dato il loro peggio con titoli che hanno ancor più incendiato gli animi e scambi incrociati d'accuse su chi abbia dato inizio alle violenze.

Ecco perché la capitale sudanese è in stato d'assedio. I 41mila posti disponibili dello stadio sono stati ridotti a 35mila per motivi di sicurezza. Circa 15mila agenti sono stati messi in campo dalle autorità locali per controllare l'ordine pubblico. Ma sono solo 18 mila i posti riservati alle tifoserie giunte da Egitto e Algeria con 40 voli supplementari dal primo, ed aerei anche militari dal secondo. I restanti spettatori - che fin da domenica hanno fatto la fila per conquistarsi un biglietto - sono anch'essi divisi tra i due campi, tanto che vi sarebbero anche già stati i primi scontri.

Certo è che molti tifosi già giunti in Sudan si sentono con il coltello fra i denti, visto che anche ieri la tensione, invece di diminuire come inutilmente auspicato da più parti, è sembrata aumentare. Quel poco che resta per fortuna sa ancora di sport: bandiere che sventolano e gruppi di tifosi che urlano slogan. Minoranze, però.

Chi la spunterà? Difficile dirlo. Il difensore algerino Bougherra usa toni bellicosi: "In campo neutro, mostreremo loro chi sono i veri uomini". Meno male che almeno il ct egiziano, Hassan Shehata, prova ad abbassare i toni: "È una partita in cui abbiamo il cinquanta per cento delle possibilità. In ogni caso è solo un incontro di calcio non una guerra". Speriamo sia davvero così.

Da Repubblica.it

E in questo strano strano paese succede che ci sia bisogno di chiudere per un giorno tutte le scuole della capitale, fermare il lavoro degli uffici pubblici alle 13 e, a quanto pare, dichiarare anche un simil-stato di coprifuoco per uno spareggio di calcio in vista dei mondiali in Sud Africa del 2010. Khartoum da giorni è piena di bandiere algerine, taxi, pulman, balconi, gente per strada. Gli egiziani, vicini di casa, non si mostrano, nonostante in capitale siano una comunità numerosissima, sull'ordine delle decine di migliaia.

La partita ce la siamo guardata in tv, dati i divieti tassativi di muoversi anche solo per andare in un bar (ovviamente per motivi di sicurezza), ma devo dire che sarebbe stato uno spettacolo più unico che raro poter essere allo stadio. E oggi per Khartoum erano ancora le bandiere bianco-verdi dell'Algeria a dominare qualunque strada, e ovunque ci si girasse c'erano tifosi algerini a salutare col dito alzato e la faccia da sonno per una notte passata a zonzo per la città. Gli unici egiziani che abbiamo incontrato erano all'interno di un ristorante (egiziano, ovviamente) ben protetti da diverse decine di poliziotti in assetto antisommossa. Il Sudan Tribune, un giornale locale in lingua inglese, addirittura ha titolato "Egypt dispatching troops to evacuate soccer fans in Sudan".

Due cose sono certe. Innanzitutto complimenti al Sudan che ha evitato che la partita diventasse una guerriglia, garantendo sicurezza e prevenendo ogni scontro (che poi vorrei dire...35.000 tifosi e 15.000 poliziotti...). E poi dico, ma hanno già problemi che bastano per 2 milleni qui in Sudan, ma sta partita non la potevano fare su un isoletta del Pacifico?

(nel video fate caso al pubblico...e alla polizia a bordo campo!!)

13 nov 2009

Invito a teatro

Un aviatore e' costretto da un'avaria ad atterrare in pieno deserto: sabbia, solitudine, e sopra il suo capo le stelle...

Ma, ad un tratto, una voce: "Mi disegni, per favore, una pecora?" ...




"a tutti i grandi che sono stati bambini ma non se lo ricordano piu'"...

5 nov 2009

In ward

Il bimbo al centro e la sua mamma sono venuti da noi quando lui era nato da 2 giorni soltanto...e ora sono tornati per il follow-up..
Appena nato, secondo le tradizioni locali, la famiglia ha scritto delle preghiere su una lastra di legno con della vernice e poi c'ha fatto scorrere sopra dell'acqua che è stata raccolta in un bicchiere e data da bere al bimbo per scacciare gli spiriti del male.
Magari quelli se ne vanno anche (comunque dubito), ma al poverino appena nato è venuto un gran mal di pancia e succhiava più latte.
Per questo sono venuti in clinica. E rispolto il mal di pancia è tornato splendido splendente...come nuovo!
Vi scriverei volentieri il nome, ma in casa non l'hanno ancora deciso!


4 nov 2009

Tra cielo e terra


Lo so..sono in tanti a dirmelo...dovrei ricominciare a scrivere un po'..raccontare qualcosa..
Di bambini che disegnano, di mamme che aspettano fuori dal cancello dalle 5 di mattina per far curare i propri pupi, delle dottoresse che visitano, degli infermieri che si prendono cura, dell'health promoter che educa, dei cleaner che puliscono, dei driver e le corse in ospedale con l'ambulanza, del mare di baracche che ci sta dietro...
E tra poco lo farò.
Ora però ho voglia solo di colori e luce.


1 nov 2009

Bambino

Bambino,
se trovi l'aquilone della tua fantasia
legalo con l'intelligenza del cuore.
Vedrai sorgere giardini incantati

e tua madre diventerà una pianta
che ti coprirà con le sue foglie.
Fa delle tue mani due bianche colombe
e portino la pace ovunque
e l'ordine delle cose.
Ma prima di imparare a scrivere
guardati nell'acqua del sentimento.

(Bambino, Alda Merini)

Painting in Mayo

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